Vi proponiamo un approfondimento scritto dal nostro Giuseppe Piccininni che tratta un argomento molto complesso, come le vestizioni "maschili" in età medievale. Buona Lettura. Staff ARS Ludica Rievocativa Una peculiarità che contraddistingue il medioevo dall'età moderna sono proprio gli abiti. In base al colore e all' taglio che l'abito possedeva, ci si poteva indentificare in una classe sociale. Parliamo degli abiti che si diffusero nel periodo che va dal 300 circa all anno 1000. L’abbigliamento maschile di base era quasi uguale per tutti: camicia abbondante che poteva servire di giorno e di notte, infilata in un paio di pantaloni aderenti lunghi fino ai ginocchi e sui quali si indossava una tunica comoda che permetteva la più ampia libertà di movimenti, fermata alla vita da una cintura dalla quale pendevano: un mazzo di chiavi, un pugnale, gli attrezzi da lavoro, una borsa per il denaro. (Un elemento fondamentale anche era la lunghezza della cinta, la quale più lunga era più il grado sociale era elevato) La camicia, che si indossava sotto la veste, era una specie di tunica chiusa sui lati e aperta in basso davanti e dietro, lunga fino a metà polpaccio e con le maniche strette ai polsi: ricadeva sopra le brache e le calze. Bianche, di lino o di seta, le camicie più sfarzose avevano i polsi e il colletto ricamati. Le brache erano il solo capo d'abbigliamento riservato esclusivamente all'uomo. Si trattava di calzoni di tela sottile lunghi fino alle caviglie. La parte finale andava inserita all' interno dello stivaletto di cuoio, calzatura tipica del periodo. Le brache erano strette in vita da una cintura di tessuto o di cuoio alla quale si appendevano la borsa, le chiavi e talvolta delle specie di giarrettiere che reggevano le calze. Queste ultime arrivavano fino a metà coscia, erano morbide, aderenti alla gamba, e potevano essere di tela, di maglia di lana, e anche di seta. Il colore tipico sia per il ceto basso che per quello medio era un colore chiaro e neutro invece per i ceti alti vi potevno essere anche colori sgargianti come il celeste. La tunica era l'abito aristocratico per eccellenza: simile a un abito, poteva essere di lana o di seta, aveva un'ampia scollatura, che permetteva di infilarla dalla testa. Le maniche arrivavano a metà braccio o poco sotto ed erano molto larghe e la gonna, ampia, pieghettata e aperta davanti e dietro, arrivava fino ai piedi. Era chiusa in vita da una cintura. Anche il mantello era un indumento riservato ai nobili, che poteva essere di vari tipi. La forma più comune era quasi a ruota, di mezza lunghezza e senza maniche. E si chiudeva sulla spalla destra o con uno spillone o con una corda. L'ultimo capo d'abbigliamento era costituito dai guanti, di cui tutti facevano grande uso. Erano di maglia di lana, di pelle o di pelliccia. Molto aderenti alla mano, si allargavano verso i polsi e coprivano di solito buona parte dell'avambraccio. Era un capo di vestiario che si offriva spesso in dono e che possedeva un grande valore simbolico: consegnare il proprio guanto al signore era un segno di omaggio, gettarlo un segno di sfida. Si toglievano per entrare in chiesa o per stringere la mano a qualcuno. Per uscire gli uomini indossavano una mantellina che li riparava dalla pioggia e dalla neve in mancanza dell’ombrello. In testa portavano un cappello a punta o un berretto di feltro o pelle. Poiché non esistevano i bottoni, si faceva largo uso di fibbie, cordoni e lacci.
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La nostra amata Puglia è stata sotto il controllo dei Normanni per molto tempo, lasciandoci importanti e suggestivi lasciti che tutt'oggi abbiamo la fortuna e la possibilità di ammirare. Molti di noi neanche si rendono conto del patrimonio storico/artistico di cui siamo i dententori inconsapevoli. Vi proponiamo un articolo del prof. Lovelli, Storico, studioso di Storia antica ed altomedievale. Vi consigliamo di leggervi altri interessanti articoli del prof. Lovelli su STORIE DI STORIA Buona Lettura. Staff ARS Ludica Rievocativa Una delle storie più curiose nate nell’Europa medievale fu quella della dinastia e delle genti normanne. I Normanni girovagarono per l’Europa raggiungendo l’Inghilterra, la Francia, la Spagna, l’Irlanda, l’Italia meridionale e perfino la Terrasanta. In questo articolo tratterò in particolar modo il «fenomeno normanno» nel mezzogiorno d’Italia. I Normanni (da «Northmen», ovvero «uomini del Nord») erano composti da diverse popolazioni scandinave stabilitesi in Danimarca, Norvegia e Svezia. Provenienti dalla Germania, possedevano una propria cultura ed erano esperti nella navigazione del mar Baltico e del mare del Nord, anche se buona parte di essi erano per lo più contadini e non dediti alla navigazione. Furono soprannominati anche vichinghi, sebbene tale vocabolo facesse riferimento alle popolazioni normanne che abitavano le coste, in special modo al riparo dei fiordi e dedite alla pirateria. Pertanto «normanno» è un aggettivo che mette insieme genti dello Jutland e della Scandinavia, che si caratterizzarono per alcune imprese tra il IX e il XII secolo. I Danesi raggiunsero in special modo tra IX e X secolo le coste inglesi, mentre gli Svedesi si occuparono del commercio tra il mar Baltico e il mar Nero, attraverso i fiumi della futura Russia. I guerrieri-mercanti svedesi (i «Variaghi»), unitisi alle popolazioni slave, diedero un forte contributo alla creazione della civiltà russa. I Variaghi compirono diverse razzie nell’impero bizantino negli anni 860, 907, 911, 941, 945, 971 e 1043. Il successo di queste razzie fece sì che i Bizantini stipulassero nuovi trattati commerciali con queste popolazioni, dal momento che militarmente la supremazia bizantina venne sempre accettata. Nel 988 il principe di Kiev Vladimir I divenne cristiano ortodosso e l'imperatore Basilio II volle dargli in sposa la sorella Anna, ricevendo come contropartita 6000 guerrieri che formarono la sua guardia personale, la celeberrima «Guardia Variaga». Questi elementi erano fra i più forti e leali dell'esercito bizantino, come ben ci racconta Anna Comnena. La loro arma fondamentale era una grande ascia, ma facevano uso pure di spade ed archi. La Guardia Variaga si contraddistinse nella difesa di Costantinopoli, cui i Variaghi dettero il nome di «Miklagard» cioè «Grande Città», durante la Quarta Crociata. Dopo la presa della città nel 1204, la Guardia cessò di esistere. Comunque almeno fino al 1404 esisteva un corpo scelto composto da soldati «nordici», che faceva riferimento alla Guardia Variaga del passato. A quella data la Guardia era formata da mercenari inglesi, scozzesi e normanni scandinavi e russi. Uno dei più valorosi componenti della Guardia Variaga fu il futuro re di Norvegia Harald III, che arrivò a Costantinopoli nel 1035. Egli prese parte ad otto battaglie e fu nominato «Akolythos», comandante della Guardia, prima di far ritorno in patria nel 1043. A differenza di quanto accadde in Normandia ed in Inghilterra, la cultura variaga venne ben presto conglobata dal substrato slavo. Invece i Norvegesi preferirono esplorare l'Oceano Glaciale Artico, molto probabilmente grazie ad un aumento delle temperature che permise di navigare le acque un tempo ghiacciate, giungendo tra X e XI secolo in Islanda, Groenlandia e anche sulle coste del Labrador, nell'attuale Canada. I Normanni, per la maggior parte Danesi, decisero di dedicarsi alle scorrerie grosso modo dall'inizio del IX secolo. Possedendo navi leggere senza ponte e senza remi (i famosi «drakkar» cioè «dragoni»), raggiunsero le coste della Francia, dell'Inghilterra, fino alla penisola Iberica, all'Italia (si pensi ai saccheggi di città come Luni e Fiesole) e alle isole del Mediterraneo occidentale, convertendosi solamente in un secondo momento all'insediamento. Inizialmente pagani e pirati, vivendo in Francia diventarono cristiani e si occuparono pure di agricoltura. Fantastici guerrieri, bravissimi nel combattimento a cavallo, facevano uso soprattutto della spada, utilizzavano un camicione in maglia di ferro (l'«usbergo»), ed un grande scudo a forma di mandorla. Erano molto richiesti come mercenari, anche dall'Impero bizantino. La cultura normanna, come quella di molte popolazioni non stanziali, era particolarmente versatile ed aperta al nuovo. Per un certo periodo queste caratteristiche li indusse a stabilirsi su territori europei tra loro molto differenti. Dopo lo stanziamento in Normandia (910), nell'XI secolo raggiunsero l’Inghilterra (1066), la Francia e l'Italia meridionale, con la nascita della Contea di Puglia grazie agli Altavilla e nel 1130 del regno di Sicilia. I Normanni, che raggiunsero l’Italia meridionale all’inizio dell’XI secolo, furono assoldati da alcuni signori longobardi (come il principe di Salerno) come guerrieri mercenari. Nel 1015-1016, il ribelle anti-bizantino barese Melo e il Papa li convinsero a far parte dell'esercito di Melo, che desiderava allontanare i Bizantini dalla Puglia. L'invasione normanno-longobarda della Puglia non trovò consensi perché, a causa delle numerose violenze perpetrate ai danni della popolazione, solo pochi abitanti autoctoni vollero aiutarli e nella battaglia di Canne (1018) conobbero una sconfitta di tali proporzioni che portò al totale insuccesso della spedizione. Negli anni seguenti i Normanni arrivarono nell'Italia meridionale sempre in maggior numero, richiesti come mercenari dalle varie potenze locali, e nel 1030 riuscirono a creare il primo insediamento stabile con la contea di Aversa. La loro accresciuta presenza portò ad un aumento della potenza normanna, la quale era diventata ormai così forte da poter estromettere i Bizantini dall'Italia. Nel 1038 ebbe inizio una sommossa anti-bizantina in Puglia, che nel 1040 arrivò ad un punto tale da compromettere il dominio bizantino su quella provincia. Il longobardo Arduino, governatore «topoterites» della città bizantina di Melfi, approfittando della sommossa, si rivolse ai Normanni esortandoli ad intervenire in Puglia: se fossero riusciti nell’intento di conquistarla, Arduino e i Normanni si sarebbero divisi la regione a metà. Nel 1040 quindi gli abitanti di Melfi, sobillati dal loro governatore Arduino, riconobbero spontaneamente i Normanni come loro nuovi signori mentre invece le città vicine, paventando scorrerie e saccheggi, chiesero un sostegno immediato al catapano d'Italia, che in quel momento si trovava in Sicilia per tentare di strapparla agli Arabi. Il catapano abbandonò la spedizione siciliana che fallì, ma l'esercito bizantino, sebbene di gran lunga più numeroso di quello normanno, patì tre sconfitte consecutive che portarono così i Normanni a consolidare le loro conquiste, impadronendosi di Melfi e di tutta la regione dal fiume Ofanto fino a Matera. L'Impero bizantino, sempre più in crisi ma che conservava ancora in Puglia la Capitanata, la Terra d'Otranto e le coste, mandò al più presto nuove truppe guidate da Giorgio Maniace, mentre i Normanni vollero sbarazzarsi dell’ingobrante Arduino e stabilirono che il loro nuovo capo fosse il fratello del principe di Benevento, Atenolfo. I Normanni erano favorevoli a un vassallagio all'Impero per ricevere in cambio il riconoscimento delle loro conquiste, ma Bisanzio non accettò la proposta e con Giorgio Maniace passò alla controffensiva. Nell'aprile del 1042 Maniace raggiunse Taranto e congiunse le forze messe a sua disposizione, mentre i Normanni contattarono il figlio di Melo, Argiro, proponendogli di essere loro capo. Argiro ebbe pertanto dai Normanni il titolo di «princeps et dux Italiae» e con il sostegno dei Normanni di Aversa e Melfi diede battaglia alle truppe di Maniace a Taranto, obbligandole a rifugiarsi dentro le mura della città. Dopo aver cercato vanamente di convincere Maniace alla resa, i Normanni si allontanarono da Taranto per conquistare altri territori. Maniace, tornato libero di muoversi, inflisse punizioni durissime alle roccaforti della Puglia che avevano fornito collaborazione agli invasori. A Costantinopoli nel frattempo veniva incoronato imperatore Costantino IX che volle cambiare politica, desiderando arrivare ad un compromesso con i ribelli. Alcuni messi imperiali invogliarono Argiro ad accettare il titolo di conte bizantino, portando con sé i suoi soldati normanni. Questi accettò ma la decisione arrivò troppo tardi, quando ormai solo alcuni Normanni gli erano rimasti fedeli. La maggior parte di essi aveva eletto un altro capo, conservando così i domini normanni nella Puglia e consolidandoli negli anni successivi raggiungendo la terra d'Otranto ed occupando Lecce. Nel 1047, evento importante, l’imperatore tedesco Enrico III riconobbe le conquiste operate dai Normanni fino a quella data. Ringalluzziti da quanto deciso da Enrico III, i Normanni decisero di allargarsi alla Calabria bizantina e alla Capitanata. Nel 1050 i Bizantini stabilirono di inviare in Italia Argiro, con il titolo di duca d'Italia, Calabria, Sicilia e Paflagonia. Ad Argiro fu consigliato di ostacolare i Normanni più con la diplomazia che con le armi, facendo di tutto per corromperne i comandanti, esortandoli a passare dalla parte dell'Impero oppure favorendo dissidi all’interno dei Normanni stessi. Questi tentativi fallirono miseramente ed il duca bizantino si rivolse a Papa Leone IX, anch'egli preoccupato della potenza normanna, ma sia i Bizantini che le forze papali furono annientate. Vista la situazione, Argiro fu convocato a Costantinopoli, mentre i Normanni negli anni seguenti allargarono ulteriormente i territori conquistati, divenendo padroni di Taranto ed Otranto (1056).
Successivamente capeggiati dal famoso Roberto il Guiscardo, i Normanni raggiunsero la Calabria bizantina, impadronendosene in pochi anni. Parecchie città calabresi vollero riconoscere spontaneamente la signoria dei nuovi conquistatori, mentre al contrario solamente alcune non cedettero e furono conquistate dopo lunghi e faticosi assedi. Nel 1059, arrendendosi Reggio e Squillace, i Normanni terminarono di impossessarsi della Calabria bizantina. Gli imperatori bizantini Isacco I Comneno e Romano IV Diogene cercarono di scacciare gli invasori, ma non ci riuscirono. La morte prematura del primo e la deposizione del secondo aggravarono ancor di più la situazione, aiutando in questo modo i Normanni a rendere sempre più stabili i loro possedimenti in Sicilia e nel mezzogiorno d’Italia. Nel 1060 Costantino X spedì nuovi soldati nella penisola e questi ripresero in pochissimo tempo Brindisi, Taranto, Oria, Otranto ed iniziarono l’assedio di Melfi. Intanto i Normanni, che erano occupati ad impadronirsi definitivamente della Sicilia, stabilirono di utilizzare soldati impegnati in Sicilia per riprendere le piazzeforti in mano ai Bizantini. Ebbero la meglio e i Bizantini furono decimati presso Brindisi, riconquistando in un lasso di tempo molto piccolo tutte le città che erano state prese dai Bizantini, sebbene Bisanzio si fosse alleata con l'Imperatore tedesco Enrico IV e con l'antipapa Onorio II. Tutto ciò provocò nell’Italia meridionale una situazione precaria, a cui si aggiunsero ribellioni contro i Normanni che posposero la conquista dei rimanenti «castron» bizantini in Puglia di alcuni anni. I Bizantini non riuscirono ad approfittare compiutamente delle sommosse, nonostante nel 1066 fossero giunte truppe fresche nella penisola che erano riuscite a riconquistare importanti città come Brindisi, Taranto ed Otranto. I Normanni presero la decisione di bloccare momentaneamente la loro spedizione in Sicilia per riprendere definitivamente le restanti città dell’Italia in possesso dei Bizantini. Nel 1068 Roberto il Guiscardo iniziò l’assedio di Bari, che si difese strenuamente e furono necessari tre anni per espugnarla (1071). In quell’anno anche Brindisi venne conquistata, determinando la fine dei possedimenti bizantini nella penisola. Bari fu l'ultima città ad arrendersi il 15 aprile. I Normanni dell'Italia meridionale si impossessarono della ricca e bella città di Antiochia durante lo svolgimento della prima crociata, grazie a Boemondo di Taranto, figlio di Roberto il Guiscardo. BIBLIOGRAFIA G. CAMPOLIETI, Breve storia del sud, Mondadori, Milano 2006; F. CHALANDON, Storia della dominazione normanna in Italia e in Sicilia, Ciolfi, Cassino 2008; M. CHIBNALL, I Normanni, Ecig, Genova 2005; D.J. MATTHEW, I Normanni in Italia, Laterza, Bari 2008 La rievocazione storica è un'attività con cui si intende riproporre vicende o situazioni di epoche passate. Negli ultimi anni questo fenomeno è stato sempre più oggetto di attenzioni per il sempre maggior numero di persone che ne sono entrate a far parte. La rievocazione storica è stata spesso confusa con attività folkloristiche o feste paesane. Tuttavia, malgrado vi siano feste di tipo rievocativo o feste e sagre in cui avvengono spettacoli di rievocazione, lo scopo della rievocazione storica propriamente detta rimane l'intento di valorizzare e riscoprire le tradizioni storico-culturali di un popolo. I rievocatori storici cercano quindi di riportare in vita la storia ricostruendo repliche di reperti archeologici (armi, utensili, abiti ecc.) e usandoli. Attraverso questo processo di archeologia sperimentale si è in grado di capire in maniera più completa il passato. Per esempio basandosi su una miniatura si può ricreare un vestito così come lo si vede, ma è indossandolo che si capisce perché le maniche sono fatte in un modo piuttosto che in un altro e così via. Similmente, è brandendo un'arma che se ne capisce l'efficacia effettiva, e da questa consapevolezza si può arrivare a capire quale fosse la tecnica più adatta per maneggiarla. Nelle fonti storiche da cui si attinge (come manoscritti e icone) spesso si trovano descrizioni più o meno dettagliate riguardo all'oggetto in sé, i ritrovamenti archeologici ne provano l'esistenza e l'archeologia sperimentale la spiega. Analizzare la storia senza trascurarne l'aspetto della quotidianità permette quindi di sfatare molti dei miti riguardo al passato creati durante il romanticismo. L'età dei rievocatori è estremamente eterogenea, e abbraccia praticamente tutte le figure professionali. Nel sud Italia l'attività rievocativa più richiesta è quella del 1200 poichè in quel periodo le nostre regioni hanno conosciuto la figura di Federico II. Federico II è stato re di Sicilia, duca di Svevia, re dei Romani e de Sacro Romano impero e anche re di Gerusalemme. In generale Federico II può essere considerato come il re dell'arte, infatti il suo regno era caratterizzato da un forte stampo artistico e poetico pensare che lo stesso Federico parlava sei lingue tra cui tedesco, arabo e francese. Il sud Italia è stato influenzato fortemente dalla costruzioni di molteplici strutture sopratutto castelli. Le strutture non sono collocate in maniera omogenea. la più importanteè senza dubbio Castel del Monte, infatti abbiamo anche quello di Barletta, Canosa, Bari, Terlizzi, Corato, Trani, Ruvo e Gravina. bibliografia;wikipedia |
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